La pianta che dà sollievo ai nostri sensi, che colora le nostre pietanze e ci vizia col suo profumo ed il suo sapore: lo Zafferano.

Originario dell’Asia Minore, fu usato fin dall’antichità come tintura, cura farmacologica, cosmetico e nella gastronomia. Le sue proprietà benefiche erano già note alle popolazioni del Nilo ed i Greci lo raffigurarono nelle pareti del palazzo di Cnosso. Fino al Medioevo tale pianta venne così chiamata “Croco” (dal greco, Krokos). Il medico Ippocrate indica tale pianta valida contro i reumatisti, la gotta ed il mal di denti.  Gli Arabi diffusero la pianta in Spagna (che ne rimane tutt’oggi la maggior produttrice) e furono loro a cambiare il nome da Croco a Zafferano. La parola deriva dal Persiano SAHAFARAN (da asfar = giallo), tradotto nell’arabo ZA’FARAN e quindi nello spagnolo AZAFRAN; il giallo è riferito al colore assunto dagli stimmi dopo la cottura.

Nel XIII secolo in Italia la pianta assunse molta importanza per l’impiego che ebbe come tintura per panni di lino, seta, lana e anche nella pittura, si ricorda a tal proposito Pietro Vannucci, detto il “Perugino”, che utilizzava per la tintura dei pistilli dello zafferano per le sue tele ed i suoi affreschi.

Il fatto che lo Zafferano sia stato coltivato nel territorio pievese al tempo di Pietro Vannucci (Il Perugino, 1450 ca. – 1523), che lo usò con tutta probabilità nella sua tavolozza, induce a stabilire un collegamento tra l’incentivazione della produzione di questa pianta e la valorizzazione del Palio dei Terzieri evento di grande richiamo ambientato al tempo del Maestro pievese e quindi nel Rinascimento.

Nella prima metà del 1500 la raccolta dello zafferano venne regolamentata ed i produttori pievesi erano tenuti a denunciare al comune il loro quantitativo raccolto. I disertori venivano multati salatamente, il che testimonia l’importanza della produzione a livello economico per la città e per tutta l’Umbria. Lo zafferano doveva servire sopratutto alla tintura dei tessuti.  Nel XVII secolo però la produzione si arrestò ed a causa dell’importazione dello zafferano spagnolo.

Con il tempo se ne è rivalutata l’importanza ed oggi “l’oro viola” è veicolo di riferimento per la promozione dell’immagine di Città della Pieve e di altre zone di Umbria e Toscana. Il marchio che viene oggi usato riporta infatti le diciture “Il Croco di Pietro Perugino” e “Zafferano di Città della Pieve”. E’ stato inoltre creato un consorzio di produttori ed un’associazione volta alla valorizzazione dello zafferano composta dal Comune di Città della Pieve, dalla Comunità Montana, dall’Università di Perugia e dall’associazione Slow Food del Trasimeno.

Oggi la coltivazione dello Zafferano di Città della Pieve è portata avanti nei comuni di Città della Pieve, Castiglione del Lago, Montegabbione, Monteleone d’Orvieto, Paciano, Panicale e Piegaro in cui si coltivano terreni che vanno dai 300 ai 600 m sopra il livello del mare.

Durante la vostra visita a Città della Pieve (distante soli 10 minuti dal nostro agriturismo), vi suggeriamo di assaggiare i piatti tipici a base di zafferano che potete trovare nei vari ristoranti o nelle taverne del paese durante le festività  del “Palio dei Terzieri” e “Zafferiamo”.